Il mondo in frammenti di Eduardo Paolozzi

Scultore inglese, nato a Leith nel 1924, da genitori italiani e morto a Londra, nel 2005.

Dopo la sua prima mostra personale nel 1947 alla Mayor Gallery di Londra, si trasferì a Parigi, dove fu in contatto con i gruppi d’avanguardia, frequentando il poeta Tristan Tzara e lo scultore Alberto Giacometti e interessandosi soprattutto alla tecnica del collage e alle collage forms che diverranno elemento essenziale della sua ricerca. Un collage concettuale più che una semplice tecnica espressiva, che sottace un’acuta critica alla contraddittorietà della società dei consumi del dopo guerra.

Tornato in Inghilterra, dal 1949 Paolozzi fu tra i protagonisti della nuova generazione di scultori il cui linguaggio espressivo era volto alla sperimentazione che rifletteva, sostanzialmente, uno stato d’angoscia e d’incertezza.  Paolozzi abbandonò i leggeri equilibri e le strutture filiformi delle prime opere per sperimentare nuove tecniche scultoree basate sulla concrezione di frammenti metallici, materiali di scarto e objets trouvés o sulla modellazione di fogli di cera  vagamente antropomorfe, poi fuse in bronzo.

Parallelamente all’intensa attività didattica svolta presso la Central School of Arts and Crafts (1949-55) e,  presso la St. Martin’s School of Art (1949-58), in quegli stessi anni  e fece parte dell’Independent Group, che era stato costituito nel 1952.

Ampiamente riconosciuta in Europa e negli Stati Uniti l’arte di Paolozzi è stata presentata in numerose mostre personali (significative le retrospettive del 1971 presso la Tate Gallery di Londra e del 1975 alla Nationalgalerie di Berlino) e in importanti rassegne internazionali.
Ponendosi tra i più significativi anticipatori della pop art inglese, Paolozzi concentrò negli anni Cinquanta le proprie ricerche sul binomio tecnologia e forma nonché sulle potenzialità espressive della nuova iconografia diffusa dai mezzi della comunicazione di massa.

Negli anni Sessanta, distanziandosi dalle soluzioni brutaliste e privilegiando l’aspetto della prefabbricazione, elaborò opere più geometricamente strutturate, idoli-macchina e torri, caratterizzati dalla sovrapposizione e combinazione di parti di macchine in alluminio dalle tinte uniformi e brillanti.
Professore di arte e di disegno presso la Fachhochschule di Colonia (1977-81), tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta,  Paolozzi ha creato opere monumentali, tra le quali Piscator per la Euston Square di Londra (1981) e la vasta decorazione musiva per la Tottenham Court Road Station della metropolitana di Londra (1983-85).

Il piatto parietale in porcellana di Rosenthal riproduce proprio un frammento di quest’ultima, stupefacente opera, intitolato, appunto Tottenham Court Road, un  multiplo a colori, datato 1985, numerato 500/147 e conservato perfettamente nella scatola sua originale in perspex  ( dimensioni:35 x 33,3cm.).

Bibliografia:

R. Cork, Eduardo Paolozzi: Underground, Londra 1986

Annalisa Lospinuso, Paolozzi, il mondo fatto a pezzi, per l’Espresso,  5 settembre 2013

http://www.treccani.it

Foto:  Ritratto di Sir Edward Paolozzi (2000) © Nicholas Sinclair, The Evening Standard e archivio yblanco

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